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Patti – A lezione di “felicità”.

5 Dicembre 2012 articoli per Scomunicando.it Libri


Si svolgerà infatti giorno 10 Dicembre, alle ore 18:00, con ingresso gratuito presso la Sala Convegni del Comune di Patti, la Lectio Magistralis – dal titolo “La felicità: l’attimo immenso e la stabilità del bene” – del filosofo pattese ordinario di Filosofia Teoretica presso l’Università di Milano Bicocca.
Per descrivere questo prodigioso filosofo in poche parole – di necessità virtù – mi corre l’obbligo di riprendere una citazione che lo stesso Natoli, nel saggio “L’edificazione di sé – Istruzioni sulla vita interiore” ( testo maturo che, fra l’altro, mi ha fatto scoprire l’autore, per la qual cosa non sarò mai sufficientemente grato all’ottimo amico che me ne ha fatto dono ), prese da Nietsche; un passo nel quale il tedesco, scagliandosi contro la secolare pedagogia della rinuncia delle passioni, così concludeva: “Non si devono gonfiare i propri errori fino a farne delle fatalità; lavoriamo piuttosto onestamente insieme al compito di trasformare le passioni dell’umanità in gioia”.
Dovesse capitargli sotto tiro quest’articolo, sicuramente il professore mi accuserebbe di essere “impaziente”, ma confesserò ugualmente che non sto nella pelle all’idea di poter assistere alla lectio magistralis del filosofo che è stato in grado di far rivivere e convivere i grandi filosofi greci, Socrate e Platone, Aristole e gli Epicurei ma anche Spinoza e Nietsche, Leibniz e Schopenhauer, Montaigne e kant Hobbes e Cartesio solo per citarne alcuni, finendo con l’inglobare persino il padre dell’economia moderna, Adam Smith, in questo esercito di ricercatori della felicità ( Così quando scrive: “Smith, pur sottolineando il ruolo decisivo che gli interessi giocano nel comportamento degli uomini, ritiene appropriato solo quell’agire che concorre, alla fine, al pubblico benessere.” )
“Attimo immenso” e “stabilità del bene” sembrano due concetti antitetici e apparentemente slegati dal concetto centrale di “Felicità”, e tuttavia, per coloro che hanno dimestichezza con l’opera di Natoli, riuscirà facile ricondurre questa pluralità ed eterogeneità di valori all’unico concetto dell’esercizio delle virtù, dell’aretè che porta ( sintetizzando grossolanamente ) alla “Felicità”. Egli ci guida per mano lungo i sentieri della felicità costellati delle angosce dell’uomo contemporaneo, dei vizi, dei desideri e delle pulsioni, degli istinti ( fra tutti fame e sesso ) ma anche di etica, di distinzione fra possibile e realizzabile e, finanche, dello sviluppo sostenibile; una congerie di elementi che trovano il proprio fil rouge proprio nel raggiungimento della felicità.
Tornando alla “stabilità del bene”, cos’è il bene dunque se non la pratica delle virtù, bene che è anche strettamente connesso al concetto di bellezza. Credo si debba partire ancora una volta dall’opera sopra citata per afferrarne l’idea; così il nostro filosofo scrive: “Nel Filebo di Platone, Socrate sta cercando d’identificare la natura del bene, ma proprio nel momento in cui sembra sfuggirgli, lo afferra in qualche modo nella natura del bello: infatti la misura e la proporzione vengono a realizzare, dovunque, bellezza e virtù.”
Parlando invece de “l’attimo immenso”, credo si possa partire dal concetto di desiderio, dalle sue dinamiche e da una delle virtù, la pazienza. Il desiderio non va passivamente assecondato ma neanche negato (qui colgo una delle critiche più forti che il professore rivolge a certa filosofia moderna, avvicinandolo in questo molto più ai filosofi dell’antichità che non alle dottrine odierne) “deve essere semplicemente bene amministrato” (il giusto mezzo alla Orazio).
Così si capisce anche come dal desiderio possano muovere pace, guerra e relazioni d’affari.
V’è da dire, d’altra parte, che non è possibile contemplare la “felicità” separando la felicità del singolo da quella collettiva, della società della quale si deve voler far parte, soprattutto al giorno d’oggi, in un mondo che ci sottopone a continue sollecitazioni.
Oggi più di ieri siamo chiamati a rispondere a mille domande di natura morale e siamo molto più esposti che in passato a delle scelte, il che, come dice Natoli, “esige una più ampia virtù”.
In conclusione, con Natoli scopriamo che, sia per gli antichi che per i moderni, la “felicità” viene a coincidere non con un premio per aver esercitato le “virtù” (l’aretè), quanto con l’esercizio stesso delle stesse.
Non sembra un caso che il professore si trovi a Patti in un momento così difficile per la città; sono sicuro, infatti, che egli potrà giovare molto al suo paese natale e a chi lo amministra, magari parlando di quel suo bene umano – to anthròpinon agathòn – che, seguendo Aristotele, << è lo stesso per il singolo e per la città>> ma che << è migliore e più divino farlo per il popolo e la città>>.
Armando Di Carlo

 

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