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TEATRO A PATTI – Applausi per le “Interviste impossibili”

31 Gennaio 2013 articoli per Scomunicando.it Teatro


Successo di pubblico e buon gradimento – sottolineato da applausi a più riprese e qualche risata- per la seconda rappresentazione della stagione teatrale del “Beniamino Joppolo” di Patti. Di scena le “Interviste impossibili”, riduzione teatrale, per la regia di Antonio Silvia, di alcuni fra i più noti incontri d’autore dell’omonimo programma trasmesso negli anni settanta dalla seconda rete radiofonica della RAI.

Cast perfettamente a proprio agio nei rispettivi ruoli, indovinati i costumi per le atmosfere da varietà, minimale la scena, forse troppo, per via di alcuni disguidi tecnici non imputabili alla regia ( a quanto pare mancavano graticcia e cielo nero ). Bene, molto bene Silvia che, in questo caso, ha dato il suo maggior contributo nelle tre perfomance sul palco (Uomo di Neanderthal, Pietro Micca e Dio) che non nella regia. Ottima la prova di Consuelo Lupo nei panni di Beatrice e di Francesca da Rimini, seppur il testo teatrale, – in generale, ma soprattutto in queste due interviste – tagliato arbitrariamente in più parti, non poteva in alcun modo reggere il confronto con gli originali radiofonici diretti da Andrea Camilleri con Umberto Eco e Edoardo Sanguineti ad intervistare Isabella Del Bianco e Laura Betti, rispettivamente nelle parti di Beatrice e di Francesca. Bene anche Rinaldo Clementi, tuttavia meno brillante di Silvia nella diversificazione dei personaggi ( ci si confondeva un po’ fra Socrate, Muzio Scevola e Sigmund Freud ). Impossibile, questo sì, il compito assegnato a Fiorenza Brogi, unica intervistatrice di tutti i personaggi.
La messa in scena, nel suo complesso, ha regalato una dignitosa prova di artigianato attoriale, senza tuttavia riuscire, in alcun momento, a scrollarsi di dosso la pesante patina del già visto (anche “stravisto”).
Molto rimpianto per un’opera che prometteva molto e che, purtroppo, non è andata oltre al più scontato cabaret; per la serie “vorrei ma non posso”. Troppi dettagli lasciati al caso, testo teatrale ridotto all’osso, non un guizzo di novità, non un sussulto di creatività per un qualcosa che voleva “far assaporare lo spirito del divertissement ironico e surreale e dello scherzo garbatamente colto” e che invece – parafrasando Dante – rimane irrimediabilmente aggrovigliato in quel nodo che ritenne già molti di qua dal nuovo, restituendo piuttosto l’idea del lasciato al caso, del rabberciato con poco.

Armando Di Carlo

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